Ritorno in Sardegna

Nei viaggi iniziatici la mistica del “ritorno” segna il passo all’espansone spirituale. La vita può essere vissuta come un vero e proprio viaggio iniziatico. Nella mia esperienza il quotidiano, l’attimo e il presente sono metafore della cerca, del viaggio dell’anima, ciò che riesco a (tentare) di praticare giorno per ora e minuto.

Sono tornata qui, da dove sono partita per la vita.
Questa estate non ero attesa da me stessa in questo posto. Avevo altri programmi. Invece, richiamata a questa mia seconda terra, sono tornata fra le rocce e il mirto.
Sono arrivata con la mia piccola macchina zeppa di roba e la gatta Olli dopo due mesi vagabondi in giro per l’Italia. Ero in cerca di casa, di un posto dove andare a vivere. Appena uscita dalla pancia della nave l’odore inconfondibile della Sardegna mi è arrivato diritto al cuore, là dove si sa cosa sia una casa non di mura.
Le viscere mi hanno detto: “Ecco sono arrivata. Da qui non mi muovo.”
È stata una sensazione molto forte, di quelle che capitano di rado nella vita. Il dono di una certezza.
Sono qui. I profumi e i colori del mare e del cielo sono i miei maestri e i miei amanti. Le increspature dell’acqua, il suo turchese, il verde delle piante, l’azzurro e il rosso del cielo, il rosa del granito, il viola, l’arancione e il giallo dei fiori, mi affiancano.
Questo è il posto più longevo della mia vita. Tutte le me stesse di ogni tempo confluiscono ora, qui e nonostante sia stata lontana per lunghi anni, adesso riesco a ritrovarmi nella mia interezza, come se non ci fossero stati “salti” fra me e me stessa. Confluisco, non senza battibecchi, non certo fluidamente alla buddica maniera ma oggi sento la mia stessa presenza con un tipo di peso del tutto nuovo, una fermezza relativa, come quella della barca tenuta all’ancora. Finalmente.
Fotografo in bianco e nero togliendo il colore che non si può dire, lasciando parlare le forme, il loro taglio netto, gli strati di quello che si rende visibile esposto nudo sul fondo del cielo e della terra. Scrivo i dialoghi di rocce mute ma trasformiste.
Sono qui e intendo rimanerci perché per sapere di me, del mio divenire devo incontrarmi nuovamente come ero al punto di partenza. Sento questo come un grande privilegio. Vivo le stesse sfide di allora e la tenacia di un dolore nel cuore che persiste e che in tutti i miei anni ha avuto vari nomi e cause farlocche perché, adesso lo so, questo dolore è una mia radice. Ci sono nata. In questo momento ho il privilegio di poter guardare indietro, dove la memoria si è fatta lunga e larga. Ero una ragazzina e nulla potevo sapere di quella me stessa che sarei diventata. In realtà nemmeno sapevo chi ero allora. Mi cercavo nei Tarocchi e nei libri di Astrologia, tanto era chiuso il mio dialogo con me stessa. Ora qualcosa in più su di me la so, soprattutto so sulla ragazzina, anche se ancora non so abbastanza perché, credo sia vero per ognuno di noi, era ed è tutto lì, nella ragazzina.

La Sardegna è un continente, molto più che un’isola.

È un luogo selvaggio. È selvaggio il vento che spazza il mare e leva la polvere dalle cose. E’ selvaggio il granito con le sue forme inamovibili e scolpite. Sono selvaggi i colori, una vera e propria prova per gli occhi disabituati alla luce che cambia la profondità dello spazio ogni dieci minuti. E’ selvaggio il silenzio. Raramente un canto di corvo lo spezza. Il profumo della terra che i cinghiali continuamente ribaltano sa di morte profumata, e il sentore di marcio delle foglie al mattino presto vince su quello del fogliame
Stare qui è un privilegio, un enorme permesso che la vita mi concede. Non è da tutti stare qui. La gente arriva in massa a giugno e a settembre sparisce.
Perché?
Perché qui la natura è antica e più forte di te e te lo ricorda non solo quando il temporale solleva le tegole dei tetti, te lo ricorda sempre.
L’azzurro accecante del cielo il verde smeraldo dell’acqua, pare poetico e invece è acuto, essenziale, quasi punge. Chi è troppo addomesticato
dalle luci, dal rumore dei lampioni, non regge il buio sardo, l’enorme vastità del suo cielo. Ci può stare il tempo limitato della Coca Cola e poi va via.

Stare qui è un lignaggio.

Sento che ci vuole un passaporto d’anima. Certo, puoi andare per strada senza che i Grandi Esseri che fanno muovere le nuvole ti chiedano i documenti ma … ci sono luoghi segreti, faglie nel terreno, squarci fra le montagne, aperture invisibili fra impenetrabili cespugli dove puoi entrare solo se invitato.
Questo chiedo, il privilegio di essere inviata nuovamente in Casa Mia come una figlia prodiga, una Nipote della Terra che dopo tanto errare ritorna. Chiedo il dono di rimanere qui finché l’intensità delle ombre avrà smesso di farmi paura e la notte tornerà ad essere un regno portentoso di cura, amore, medicina e saperi del cuore.
Grazie.

Olivia Flaim

La chiesetta sconsacrata di San Giovanni, sperduta nella campagna di Bassacutena. Ho avuto la fortuna di precipitare in un luogo la cui santità non dipende da alcun essere umano.