Lei. I confini del mondo

Lei è i confini del mondo, ultima soglia del visibile. Maestra di Bellezza, Vita e Rigenerazione. Bambini e vecchi ai suoi piedi offrono al suo grembo ciò che hanno. Loro sono i più prossimi alla visione: chi, nato da poco, non l’ha ancora perduta e chi, con poca vita davanti, si avvicina a rivedere il nero elettrico da ognuno di noi viene.
Una rada selezione di punti luce fa di noi ciò che siamo, fra i milioni di altre combinazioni che sostengono altri modi di essere sostanze universali. Dalle spalle di Lei l’elica del DNA si fa scala per umani Umani, colmi di luce a colore, nel pieno della forza, dell’intelligenza. Gente che ragiona dal centro del petto. Cuori aperti. Sincroni. Pacifici. Consapevolmente uniti l’uno all’altro, camminano sullo stesso suolo, respirano la stessa aria.

Camminavo nel boschetto dietro casa mia. Cercavo di mantenere quel sottile punto di contatto con il mondo verde che avevo conquistato in Perù. Non so bene come descrivere questa sensazione, ci provo. Mi sentivo le orecchie come foglie mosse al leggero vento, volubili come se fossero antenne del suono e dell’aria. Nel petto il battito del cuore faceva un rumore sordo e attutito, come se la vibrazione dell’eco dei passi sulla terra si espandesse nella cassa toracica. Il mio pensiero era puntuto e vuoto, concentrato solo nel prossimo passo e nel sostenere un ginocchio pencolante.
Ad un certo momento un’immagine si sovrappone al mio camminare: il colonnato del Bernini, Piazza del Popolo a Roma appare come proiettato su un velo della mente. Al posto delle colonne, in mezzo ai sassi e agli alberi del viottolo, mi appaiono file di vecchi e bambini. Al posto  del cupolone, una cascata di piume di pavone. In centro una donna splendida. Invece dell’entrata alla basilica il ventre d’acqua di Lei, aperto e sconfinato, soglia per l’altro mondo, passaggio verso il punto di origine.
Vedevo tutto questo in sovrapposizione al boschetto, sentivo forte il vento della guarigione.

L’hai mai sentito?

E’un soffio che ti nasce dentro e che apre il respiro dei polmoni non attraverso il naso, semplicemente senti l’aria correre per spazi inconsueti ma adatti. Un cosmo si dilata in te. Tutto ti diventa vuoto dentro e pieno allo stesso tempo mentre la memoria si fa larga e rotonda. Vedevo il nero profondo dello spazio che azzera i colori, le sensazioni, le emozioni. Capisci che è il nero a sostenere tutti i colori e che davanti al nero compare il mondo, la vita. Senti come verità che lo spazio infinitesimale fra una particella e l’altra è nero. Non lo puoi vedere se non con l’occhio dell’intuizione perché il battito delle palpebre non lo permette e adultera trasformando l’alternanza di buio e luce nella falsa continuità del chiaro mentre luce scura, impercettibile, scandisce il suo tempo nell’attimo del battito delle ciglia.
L’immagine rimane dentro di me limpidamente e si accresce nel corso delle ore.
Vedo il brulicare della vita ai piedi Lei. Piante acquatiche e pini, mucche con le corna, rose e fiori di loto. Serpenti, serpentelli, vermi di palude, elefanti, leviatani in fasce e altro che non so dire.
Sentivo l’immagine nelle viscere e allo stesso tempo la percepivo come se fosse proiettata su uno schermo. Avevo la sensazione che, se avessi potuto toccarla, Lei, tutto il colore, tutta la vita, il brulichio, il colonnato umano sarebbero svaniti dalla mia percezione con un suono sommesso phufhfhh.
Per fortuna quando mi avvicinavo, Lei indietreggiando si faceva irraggiungibile.

Lei è appoggiata allo lo spazio nero punteggiato da scosse di colore che fanno eco ad un DNA cosmico in onde e risonanze di tempo e spazio. E questo è vero sempre anche fuori dalla mia visione.
L’etere cosmico si muove con le curve, le pieghe e gli intrecci. del DNA.
Questa è la materia prima di ogni forma di Essere, di qualunque sua esistenza, in qualunque parte del cosmo. Elettricità e nero. Creta dell’immaginazione. Solo la mente dei creatori sa cosa farne.

Nella corona degli offerenti mancano gli adulti, troppo impegnati nel gioco di scambio della vita, non sanno stare sul confine. Amano i luoghi in mezzo dove tutto pare accadere a quella parte della mente che vuole il gioco economico del vivere, dove una foresta si baratta con una città, un albero diventa un parquet, e la sua linfa si fa medicina da laboratorio, dove la creatività si auto limita a usare e riusare quello che già c’è.

Solo chi intuisce il confine vi si appresta e offre lì, in quel non luogo, tutto ciò che le sole mani sanno portare, chi fiori, chi croci, chi la propria stessa bara, chi una nuova vita mai nata. Loro non vedono Lei ciò nonostante offrono tendendo le braccia, riversando la propria mente nell’intuizione di quella cosmica. Acqua di stelle che battezza l’anima e trasforma il Popolo dei Senza Colori nel Popolo Vivo.

Sono coloro che, giunti lì, alzando gli occhi vedono la Luna crescente e calante. Il vorticare intorno alle sue semilune, uccelli e pesci come sintesi degli spazi siderali dell’aria e dell’acqua, risucchia il Popolo dei Senza Colori nel biancore di Luna Piena. Lì avviene la grande trasformazione. Chi sa farsi Luna accetta di essere un semplice riflesso, specchio di una luce fuori da sé che può parere propria ma che solo un acquisito sentimento di umiltà fa sapere di non essere tale.  L’umiltà delle vesti marrone e grigio si fa di luce attraverso la trasparenza.

Così il DNA cosmico diventa scala per passi nuovi e il Colore della gioventù, della bellezza e dell’eleganza diventa il Grande Calamaio della sapienza.

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Ero una ragazzina che al massimo prendeva dal sei al sette nei compiti di italiano perché dimenticavo la punteggiatura e mescolavo il presente con il passato. Oggi sento di mettere tutto il mio coraggio nelle virgole mancate e nelle parole di luna calante che mi vengono in mente perché ho dei sogni nascosti e vorrei tanto che tutti noi diventassimo sensibili alle realtà che diverse parti del mondo vivono quasi fossero quote di noi stessi inespresse, una sorta di inconscio ancora misterioso e celato ad oriente o in occidente nei nord ghiacciati o nelle falde dei vulcani.
Intendo qualsiasi parte del mondo anche se oggi mi faccio portavoce del Popolo degli Shipibo nella foresta amazonica.

Questa immagine e le “Novelle di Olivia. Storie fantastiche di un quotidiano” sono il mio richiamo e il mio dono alla loro sopravvivenza.