Guardo gli uccelli nel cielo leggendo Cyrulnik

La magica Legge del Presente, che consiste nello “stare con quello che c’è”, “essere ciò che si è” e “agire in base a quello che si sente”, è così di difficile attuazione da essere un’ipotesi di vita per illuminati. Per me, lontana dall’illuminazione quanto un quadrotto di porfido dalla luna, stare con “quello che c’è”, è insufficiente. Il momento attuale mi rivela palesemente la sua ignoranza, il suo limite, la sua ristrettezza. Il presente è un’ambizione di futuro e al contempo, non rilascia la quota irrisolta del mio passato.
Ripenso spesso al detto evangelico “Non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai e il Padre vostro dei cieli li nutre”. A parte il dettaglio che secondo me è la Madre che nutre, … ma fa lo stesso …, quando guardo gli uccelli nel cielo cerco àuguri, segni e non resto tranquilla a confidare nel mio pane quotidiano, cerco di guadagnarmelo. Il cielo e i suoi abitanti, sono uno splendido oggetto di divinazione: volatili, nuvole, stelle e pianeti. La sua ampiezza che rasenta l’infinito, accompagna la mia percezione del mutare del tempo come un passo di Tai Chi Chuan che, nei suoi passi come nuvole, contiene l’anticipazione della figura successiva, il suo futuro. Le nuvole, mai ferme, della stessa sostanza dei pensieri, sono un cinemascope dell’immaginazione sul quale proiettare domande.  “Che succederà?”, “cosa significa questo?”, “come fare?” sono quesiti all’ordine del giorno, in tempi come questi, e la sensazione di “non sapere”, di “non poterci fare niente” sfiora l’animalità della vita, la sua automatica bestialità. Il tentativo di controllo si agita nelle opinioni comuni come un mostro marino, anche al costo di manipolazioni che, nonostante la loro palese falsità, comunque rassicurano. Il mango del Perù a cinque euro nel fruttivendolo sotto casa mia falsifica l’idea di crisi economica internazionale. Se gli aerei viaggiano per trasportare manghi invece di medicinali, significa che la crisi è una bufala? Che la felicità del mio palato è più importante della vita di qualche indio sperduto che muore per mancanza di cure?  Per nulla dire dei conteggi covid, l’ultima attualità della falsificazione. Tali conteggi, montati secondo arti ignoranti se non occulte, dicono quanta voglia abbiamo di continuare a credere di controllare la nostra vita, il pianeta e le sue leggi di natura.

Sto leggendo le opere di Boris Cyrulnik, neuropsichiatra etologo e psicoanalista che si occupa di strategie per superare le esperienze traumatiche. Ho comperato i suoi libri a gennaio, ero interessata alla sua visione della preghiera, all’idea che l’attaccamento affettivo a dio faccia parte di una naturale strategia di sopravvivenza e di evoluzione psichica.  Personalmente credo che il pregare attivi qualche cosa che attiene al problem solving: “guardate gli uccelli nel cielo” è una strategia che apre una confidenza nella Vita, se non nel Padre o nella Madre, la quale solleva dalla tensione di “non essere capaci” di trovare le risorse necessarie a sopravvivere. “Guardate gli uccelli nel cielo” apre lo spazio a qualcosa di inatteso.
In “Autobiografia di uno spaventapasseri. Strategie per superare le esperienze traumatiche” trovo argomenti che a inizio anno non mi sarebbero interessati per nulla. Non immaginavo che il “traumatismo derivante da catastrofe naturale”, nè tantomeno le sue strategie adattative, potessero essere argomenti attuali per un post su Facebook.

Tecnicamente siamo nel mezzo di una catastrofe, nuotando nel caos e rimettendo ordine in un disastro.
Si può anche chiamare catastrofe un brusco cambiamento di ritmo della poesia, una frattura che obbliga a continuare in modo diverso la recitazione di una strofa. Così scrive Cyrulnik e certamente il ritmo della nostra poetica di vita è cambiato.
Disastro è quando una forma di vita non riappare più, quando la “normalità” non è quella antecedente ad un momento dato, oppure anche quando la libertà personale è stata messa in discussione .
Caos è lo sconvolgimento della vita al quale non sappiamo dare un nome. E’ la mancanza di una rappresentazione coerente, è una massa informe di eventi entro la quale non si riconoscono più le relazioni conosciute.
La catastrofe, il disastro e il caos, prima di diventare fattori di evoluzione e di ripresa, sono traumi. Prima di trasformarsi in fattori di cambiamento e di maturazione, sono psichismi. La figura della chimera aiuta a raccontare alcune tappe della riorganizzazione psichica postraumatica. La chimera è un animale immaginario composto con parti del corpo di animali diversi. Il ventre di toro, le ali d’aquila, le zampe di leone. Tutto è parzialmente vero ma l’animale nella sua totalità è totalmente falso. Questo dice Cyrulnik il quale individua alcune fasi del ritorno alla vita post catastrofe: la paranoia, la spinta irrazionale, il delirio logico. Le sintetizzo creativamente assemblandole  alle parti immaginarie della chimera.

Il ventre di toro è la spinta paranoica: la caccia al segno, il dare significato a ogni gesto in una logica prefissata. Il dire “le cose vanno così, esattamente come pensavo io” costruisce prove indiziarie che riorganizzano “ciò che c’è” in un sistema che abbia senso ma, soprattutto, che continui a dare valore al modo di pensare. La paranoia, cui nulla sfugge, si fa complottismo e impedisce di sentire perduta l’ordinaria capacità di leggere il mondo. Per avvalorare il proprio sentimento viene creata una  comunità virtuale. “Qualcuno ci perseguita”, “Ci nascondono il numero reale dei morti”, “E’ una forza sovrannaturale che ha ragione della nostra integrità”.

Le ali d’aquila sono la spinta irrazionale, il feticcio, il portafortuna, la verità sino ad ora nascosta, la “visione del mondo”, il presentimento.  Le ali sono tutto ciò che non volendo essere considerato un fattore postraumatico, diventa invece rivelatore di un’iniziazione. Il virus apre un nuovo ordine della natura: coloro che “imparano” la legge della solidarietà umana e dell’amore per la natura, diventano la nuova élite di eletti, i sopravvissuti.

Le zampe del leone sono il “delirio logico”, quelle forme di spiegazione che fanno dipendere eventi da altri eventi in modo simbolico o analogico senza verifica della loro effettiva sequenzialità. Il volo di un corvo solitario nel cielo altoatesino diventa il triste presagio di una catastrofe in Indonesia.

La chimera è l’immediato beneficio adattivo alla nuova realtà della vita ma anche, qualora resti fissata nelle sue forme mostruose, la sua distorsione. La chimera è una fase della convalescenza, non una guarigione. Ognuno compone da sé la sua chimera. La mia è un animale fantastico: le ali di Iside, azzurre e verde smeraldo, sono fatte di piume di pavone i cui occhi sono vivi e veggenti. Il corpo di cavallo flessuoso come una canna al vento, quando non vola, galoppa con gambe bioniche di ultima tecnologia.
Scrivo e con gli occhi del mio pavone immaginario mi faccio osservatrice attenta del tempo attuale, la canna al vento è il mio fantasmatico desiderio di tornare in Sardegna, una terra che amo molto e infine, siccome ho molto male al ginocchio e ad una spalla, le gambe e le braccia sono bioniche e del tipo V. S. A., acronimo di Vittoria Sull’Artrite!!!

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La natura ha tanti ordini, uno dei quali è la bellezza. Un altro è il profumo.
L’immagine è di Stefano Golinelli.