Mascherina in faccia. Angeli e tonsille

La mia sperimentazione del mondo continua.
Mi sorveglio e sto attenta a me come se fossi una centralina meteo che raccoglie dati emotivi, sensoriali e mentali per poi misurarli in dati reali, forse comuni ad altri.
Io dentro la mascherina, soffoco. Mi sento mica bene, è una sensazione forte.
Riesco a tenerla in modo corretto per poco tempo, poi mi viene fame d’aria e scopro le narici.
Vado a fare la spesa. Lungo il tragitto a piedi tengo la mascherina abbassata appena sotto il naso. Prima di entrare nel supermercato la rialzo, prendo il carrello e vado. Bastano pochi minuti perché la sensazione di soffocamento si riaffacci. Guardo le persone intorno a me e mi sembrano tranquille, adattate a questa strana specie di mutanda sulla faccia. E questo mi inquieta ancor più, mi arrabbio. “Ma come fate a stare bene?? Fate finta???”, “Ma com’è che gli sguardi vi cadono per terra appena ci si incrocia??” “A quale potere ubbidite? Il buonsenso? Al Governatore regionale?? Non certo al potere dei vostri polmoni che nel debito d’aria soffrono più di quello in banca!!!!”
Il respiro mi si fa affannoso, fa caldo e mi sento sudata. Ok mi dico, hai una crisi d’ansia. Forse è un’ansia ragionevole date le circostanze poiché sono giorni che il mantra generalizzato è “ritorno alla normalità” ma non è vero che è “tutto normale”. Non sono normali le mutande sulla faccia, non è “normale” il concetto di “distanziamento sociale” che, se non volesse contenere un malcelato invito all’alterigia, si sarebbe chiamato “distanza di sicurezza” o “distanza civile”. Non è normale che facciano notizia sette nuovi casi di covid. Sette, non settanta e nemmeno settecento. Sette.
Improvvisamente sento che non voglio combattere l’ansia da soffocamento, anzi la voglio coltivare, è il mio istinto di ribellione, il mio termometro di non adattamento, la molla che mi fa essere attenta, percettiva, sensibile, disadattata per fortuna.
Mi fermo in mezzo al corridoio, fra il pane e il banco dei formaggi.
Riprendo un pensiero che mi sta guidando in questo periodo sul quale ho tarato la mia centralina raccogli dati: “Attenta a non trasformare in collettivo il tuo sentire. Stai con la realtà. Non proiettare.” I paranoici si comportano così, spostano all’esterno paure non elaborate, esiti di traumi, vivono come attuali memorie di pericoli reali del passato. In giro c’è ancora troppa gente che parla poco di sé, di come stanno, cosa sentono, come vanno le cose a casa. Parlano molto di virologia, medicologia, politicando soluzioni e previsioni per un futuro che a guardarlo bene non va più in là di un paio di giorni. Spostamenti, evitamenti, sostituzioni emozionali per evitare di avvertire sensazioni dolorose o inquietanti che sono la base di futuri malesseri. Mi sono quindi domandata se la sensazione di soffocamento della mascherina fosse “roba mia”.
Un’immagine improvvisa: una mascherina arancione di gomma mi cala sulla faccia. Un odore che mai si dimentica, etere. Le tonsille di una volta.
Riprendo a camminare nel supermercato e completo la spesa. La mia prima mascherina.
Certo quella sensazione di soffocamento così forte era legata ad un episodio della mia vita e la rabbia di una bambina legata a una poltrona prima di un’operazione si è accesa su quello che di attuale mi stava circondando. Così funzionano le rabbie quando non si possono esprimere contestualmente: si reprimono e si innesca un orologio a tempo … prima o poi … bum e questo è un periodo di grande impotenza. Ci si stanno iscrivendo dentro cose, emozioni rispetto alle quali, a non porvi attenzione, avremo scoppi.

Appena uscita abbasso la mutanda facciale e noto che il ferretto è all’altezza dei  baffi. Il mio pensiero è come una pallina del flipper, passa da un punto all’altro velocemente. Tolgo mutanda e noto un rossore alla base del naso e improvvisamente, come il ricordo di prima, noto che quello è uno strano punto dove mantenere una pressione costante.
Un racconto cabalistico dice che alla nascita il neonato abbia un’anima espansa che ricorda tutto il suo passato e soprattutto il motivo per cui si è affacciato a nuova vita. Una memoria insostenibile per un umano, uno sconfino fra passato remoto e futuro che solo pochi grandi maestri riescono a coniugare nella preveggenza. Un angelo giunge presto a resettare tale ampiezza e a dare inizio all’esperienza del nuovo nato a partire dal giorno della sua ultima venuta al mondo. L’angelo passa una piuma fra la base del naso e le labbra del bambino cancellando così il suo contatto con Tutto Sé Stesso e per permettergli di diventare Sasso Rossi o Goccia Bianchi. Perlomeno fino a nuovo ordine.
Il punto che la mascherina abbassata sfrega è proprio quello della piuma.
Che sia un Collettivo Angelico a stimolare la base del naso? Che la benevolenza celeste abbia deciso di farmi il dono di resettare “quel che c’era prima” per permettermi di diventare qualcosa di inaspettato?
Magari mi ricrescono le tonsille??
E chi lo sa come lavora la mente, continuamente sospinta fra memorie del passato, percezioni attuali e fantasticherie.
Chissà come si costruisce il senso di realtà. Chissà chi lo sa.

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Olivia Flaim