Amore in grande. Una visione cabalista

Nel parlare d’amore, di crisi nella relazione e di crisi personale legata ai vissuti affettivi, si aprono molte porte.
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La prima porta è quella dell’identità amorosa che abbiamo ereditato dal nostro gruppo di appartenenza primaria.
La seconda è il tentativo, spesso maldestro, di trovare un modo di amare e di essere amati congruente con i propri desideri del profondo.
La terza è la scoperta che l’amore non si trova solo nella relazione ma che può espandersi in cerchi concentrici allargando i confini della coscienza personale.
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La crisi nel nostro modo di percepire, volere e desiderare l’amore è una potente fonte di energia di correzione, guarigione e creazione.
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Correzione è una parola scomoda nel lessico comune ma magnifica se legata al suo significato cabalistico.
Tiqqun, che significa correzione ma anche riparazione, è la via che porta verso la fine di ogni cosa affinché possa avere un nuovo inizio. Correggere porta a riscrivere, dando una nuova descrizione del proprio vissuto, delle proprie emozioni e della propria storia di vita. La tiqqun che deriva dalle crisi sentimentali è molto profonda perché tocca la radice dell’Essere interiore, la parte più vergine e fanciullesca del cuore, quella spirituale. Quella parte che “sente” l’amore con le vibrisse dei gatti sentono l’energia. Mano a mano che si cresce la potente intuizione d’amore infantile, si calcifica strutturandosi in difese, manipolazioni e falsi bisogni. Le relazioni diventano così anziché il territorio per ripristinare quel profondo sentire, un coacervo di credenze, immagini mentali di felicità sempre più lontane da ciò che inizialmente sapevamo essere amore.
La sofferenza per un amore divenuto sterile, impossibile, o morto, spinge dentro l’energia di tiqqun come il vento che gonfia le vele di una barca nei marosi. È in quella tempesta che o si trova il coraggio di soffrire e quindi di scavare dentro le proprie immagini dell’amore per riconoscere quelle adattive di discernerle da quelle autentiche, oppure ci si relega a continuare a vivere storie insoddisfacenti.
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Fin troppo spesso, infatti, il concetto di amore è culturalmente piegato alle esigenze della relazione, alle sue credenze, al perenne debito affettivo che ci accompagna.
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Non credo che amore sia solo questo.
Dico “credo” perché esattamente ancora non so cosa sia l’amore.
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Personalmente voglio lasciar cadere ogni definizione di amore per rivendicarne la sua libertà e per permettere di evincere le sue qualità non tanto in base alle idee più o meno dogmatiche in circolazione sul web e sulle bocche dei parenti, ma attraverso ciò che ognuno di noi ha sperimentato nella sua vita, definendolo amore, credendolo tale.
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Scelgo questo per smettere di stigmatizzare tutte quelle relazioni che hanno prodotto sofferenza, disagio e che dopo un tempo di idillio, hanno spinto sul versante delle emozioni di dolore: tristezza, tradimento, solitudine, dubbio, rabbia, vendetta, gelosia.
Da questo punto molto interiore sento ci possa essere una guarigione.
Non perché si sia malati o l’altro sia malato, malata.
No.
Repha, il cui significato è guarigione, è una parola che porta con sé l’energia solare del calore e della luce che viene trasferita nel cervello intestinale, quello deputato all’alchimia fisica e spirituale, per giungere a un nuovo inizio, ad un tempo liberato dalle vecchie cause che vincolavano il passato a ripetersi.
Guarigione, cabalisticamente, significa unificare i campi di coscienza legati alla vera natura dell’essere: l’essenza fisica, animica e spirituale.
Il fisico si guarisce con l’azione, il campo animico si guarisce con la preghiera e la meditazione, il campo spirituale si attiva con l’amore e la conoscenza.
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Ognuno si è avvicinato alla terra promessa dell’amore con i suoi vestiti, le sue scarpe, la sua condizione esistenziale, la sua storia personale.
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Ogni cammino verso una parte così profonda dell’essere umano, come è il cuore, non dovrebbe subire stigmi altezzosi, giudizi insindacabili, diagnosi che spesso vengono attivati dalle opinioni correnti sui social, dove anche in amore ci sono i “buoni” e i “cattivi”.
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Credo che la via dell’amore sia una via di purezza e di purificazione e che, attraverso le sue storture e i suoi dolori, riveli molte verità su noi stessi.
Distonie, fragilità, vulnerabilità e verità spesso inconfessabili ma la cui integrazione sarà la grande opera di miglioramento e ampliamento delle capacità di dare e ricevere amore.
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Quante volte ho sentito frasi del tipo: “Non avrei mai creduto di scoprirmi così … offensiva, geloso, controllante, perfida, ossessivo, debole, aggressiva, infido … Non mi riconosco più! Non voglio mai più essere così.”
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Stanare le emozioni più scomode, comprenderne la ragione profonda, trasformarle e integrarle nuovamente ogni volta che si ripresenteranno in un modo sempre più soave, è il grande compito che si affronta nel percorso della via amorosa.
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Sono da molto tempo convinta che la crisi della vita amorosa sia una grande opportunità per guardarsi dentro, per ricominciare a scegliersi, per attivare tutte le risorse interne del nostro essere, per riprenderci la fiducia, il desiderio e la gioia di amare.
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In questo senso la crisi amorosa è una via di creazione, ri-creazione.
Un vecchio mondo di credenze si assottiglia per lasciare spazio a qualche cosa di più essenziale e vero che sgorga da una nuova identità le cui radici non sono più nella ferita narcisistica dei figli dei genitori ma nella natura luminosa dei figli dell’irradiazione celeste.
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È questo ciò a cui tendo, sia nella mia vita privata che nel mio lavoro, con perseveranza e fiducia.
Un abbraccio
Olivia